24/11/16

Il NO tutela la tua salute



Credo fosse il 1985 quando un mio compagno d’istituto mi invito ad una manifestazione contro il nucleare che si teneva a Ponte Mammolo, nella periferia orientale romana poco distante dalle sponde dell’Aniene dove lui era cresciuto, ero più che un “pischello” e fui molto colpito da quell’esperienza. La mia prima manifestazione a difesa dell’ambiente. In strada con qualche centinaia di ragazzi a dire NO ad una tecnologia  pericolosa ed antieconomica. Da li a qualche anno fu celebrato il referendum e gli italiani pronunciarono il loro NO alla casta di quel mondo imprenditoriale che se ne fregava dell’ambiente ma gli importava solo di far soldi con le tasse dei contribuenti.
Qualche anno fa in Campania vivemmo una grave crisi ambientale dovuta al problema della cattiva gestione dei rifiuti urbani. La crisi ancora non e terminata. Bene qualche mente eccelsa penso bene che i campi del Formicoso raccontati nei viaggi poetici del “Paese dei Coppoloni” di Vinicio Capossela fossero il luogo adatto per realizzare una bella discarica dove seppellire tutta la monnezza della Regione Campania. Insieme a tanti Irpini ci fu un movimento popolare che disse NO a quello scempio ambientale.
Questa primavera siamo stati convocati alle urne per pronunciarci sul referendum sulle trivelle. In 13 milioni abbiano detto NO alle trivelle, purtroppo senza raggiungere il quorum.
Quindi dire NO, almeno per come lo intendo io, rappresenta un modo di vedere il mondo meglio di chi me lo vuole peggiorare. Non un partito preso ma un diritto a tutelare la qualità della mia e dell’altrui esistenza, presente e futura.
Quest’oggi due notizie mi hanno colpito. La prima proveniente dalla Francia dove l’Ente Nazionale per l’Energia Atomica ha di fatto chiuso 19 centrali nucleari per ragioni di sicurezza strutturale. Per l’Italia ciò comporta un aggravio sui costi d’importazione di energia elettrica stimato in circa un miliardo di euro nel prossimo bimestre. Ancora non si sa per i periodi a seguire. La seconda in sede europea (Rapporto dell’Agenzia Europea Ambiente) dove si e calcolato che le morti premature dovute agli effetti dell’inquinamento da smog in Europa sono stimate in più di 467.000 individui nel 2013, una citta come Bologna, l’intera provincia di Avellino, cancellata dalle cattive politiche energetiche ed industriali.
Tra qualche giorno siamo chiamati ad esprimerci sul referendum costituzionale. Nel merito con la modifica al titolo quinto della Costituzione la politica energetica da  materia concorrente tra Stato e Regione diventa materia esclusiva dello Stato. Pertanto se passasse la riforma, qualora lo Stato decidesse, [come gia ha fatto con lo “Sblocca Italia”] nel territorio di Gesualdo o di Villamaina o di Nusco, di voler realizzare un campo petrolifero, i cittadini nulla possono e non c’è nessun consigliere regionale che si e votato o sostenuto cui far presente che gli effetti nocivi sulla salute ricadono anche su i suoi figli e i suoi nipoti.
Mi domando ma veramente conviene votare si? Conviene barattare certezze e diritti con incertezze e impotenza?
Sé faccio un po’ di mente locale “la Casta” non mi sembra che stia con il NO. Petrolieri, faccendieri, Confindustria, grandi gruppi bancari tifano per i loro affari non certo per la nostra salute, e i loro affari si coltivano molto, ma molto meglio con politici sganciati dal territorio e con cittadini che contano meno.
Non sto sereno voto NO!

Antonio Troisi

12/10/16

Un iscritto al PD può e forse deve votare NO


Non si può essere leali ad una riforma costituzionale sbagliata, a prescindere da chi l'ha proposta, anche se a proporla é  stato il partito a cui sei iscritto.
Un cittadino italiano non si può accontentare di una riforma inutile, che di fatto non migliora la vita dei cittadini.
Non è la quantità di leggi che produci a migliorare la vita dei cittadini, ma la qualità. Qualità significa soprattutto semplicità nell'essere compresa, di essere applicata, di essere rispettata, e soprattutto efficace rispetto agli obbiettivi sociali che ne hanno richiesto la redazione, che dovrebbero essere finalizzati a Migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Questa legge costituzionale é poco chiara, é scritta male, e non migliorerà affatto la mia e l'altrui esistenza. Io non sto sereno e voto NO.
Diverse sono le cose che non tornano, ad esempio:
- si annuncia il superamento del bicameralismo paritario, causa di tutti i mali italiani, ma nei fatti la riforma introduce il bicameralismo confuso che anziché accelerare la redazione delle leggi la potrebbe rallentare;
- si annuncia in pompa magna la riduzione dei costi della politica, ma nei fatti saranno solo  una cinquantina i milioni di risparmi stimati su un miliardo e mezzo di euro spesi ogni anno per far funzionare la macchina legislativa, di fatto solo il tre per cento (3%) del costo totale;
- si prospetta che a far i senatori saranno sindaci e consiglieri regionali. Ma qualcuno si è posto la domanda: come potrà un sindaco, una Raggi o un De Magistris o un Nardella o un De Luca, con tutte le complessità connese al mandato, dedicarsi a far leggi per lo stato italiano?
Comprendo i mal di pancia e le difficoltà di un dirigente di partito ma io non starei sereno voterei NO senza aspettare la modifica alla legge elettorale che c’entra relativamente.  La Costituzione, se viene modificata rimarrà quella per decenni e rimetterla a posto da simili danni sarà difficilissimo. Perché pentirsi?
Un dirigente politico deve fare scelte, anche dolorose, l'importante che vadano nella direzione dei cittadini. Perché dovrebbe essere accettato l'imperativo categorico "tutto ciò che è fare, che è azione, é giusto. Senza se e senza ma. E se non sei d'accordo quella é la porta" ?
Come in illo tempore declamò Crozza: vabbene che tu voglia ristrutturare il mio appartamento, ma se mi metti il wc nel soggiorno ti dico NO, e tu cambia mestiere!

#nonstoserenovotoNO 
Antonio Troisi

15/04/13

NO ALLE ELEZIONI A “BABBO MORTO”



Riflettendo un po’ sul comportamento  assunto da Matteo Renzi negli ultimi giorni mi viene in mente un esilarante film interpretato da Alberto Sordi. Dove si rappresenta come nella “casta” nobiliare romana sovente un figlio, legittimo o illegittimo, chiedeva credito proponendo quale garanzia l’eredità che si sarebbe percepita alla morte del proprio genitore. Il comportamento a me appare lo stesso, quello di chi credendosi erede legittimo rivendica il diritto alla successione, “il mio sogno è di battere Berlusconi dentro le urne” cosi recitava il giovane Renzi nelle Tv dell’agognato avversario.
Da elettore di sinistra questo comportamento non mi appartiene e non mi gratifica, non ritengo moralmente accettabile chiedere un’eredità prima del tempo, anche perché le primarie del Partito Democratico hanno sancito la sconfitta del figlio della casta, del mestierante della politica Matteo Renzi.
Il pensiero di Matteo Renzi, pur nell’alveo del Centrosinistra, non è maggioranza nel Partito Democratico.
Che la politica possa essere un mestiere non è ne un dramma ne un reato, ma che si giochi a distruggere, con lo slogan della rottamazione, chi milita dalla stessa tua parte personalmente non lo ritengo accettabile. Una scatola vuota, che brilla e che attrae, così come lo è stato Berlusconi, non è utile e nel tempo produce danni per i quali gli italiani stanno, adesso e ancora per molto tempo, pagando il conto.
È buon auspicio per gli italiani che non si torni a votare con questa legge elettorale, augurandosi che un governo di minoranza o di scopo si riesca a formare. Auguro inoltre che quella “testa fine di Grillo” inizi a pensare un po’ da politico nell'interesse dei suoi elettori e degli italiani.
Ritengo che non si debbano rifare le primarie, una classe dirigente responsabile delle politiche nazionali del Partito Democratico già esiste, è stata eletta appena due mesi or sono, e sono loro e solo loro a decidere le sorti del partito nazionale per i prossimi anni. Chi ha altre ambizioni ha libertà e facoltà nell'ambito del centrosinistra di presentare il suo progetto alternativo a quello del Partito Democratico.
In quest’ultimo, come in tutte le strutture effettivamente democratiche,  fortunatamente esistono regole e prassi che sarebbe buona cosa rispettare. Purtroppo non sempre è così, ma chi ambisce a esserne leader deve dare il buon esempio, senza ogni volta chiedere deroghe (accesso alle primarie, grande elettore del Presidente della Repubblica).
I numeri piaccia o no sono questi: Matteo Renzi sconfitto alle primarie del Partito Democratico e Silvio Berlusconi sconfitto alle elezioni politiche, punto. E quando agli sconfitti brucia, brucia.
È comprensibile che uno che ha perso non possa far altro che chiedere rivincite per soddisfare il proprio ego, ma è di fatti inaccettabile che il costo del loro benessere interiore  debba essere sostenuto da milioni di cittadini. Il concetto deve essere chiaro non ci possono essere elezioni senza una legge elettorale che garantisce la governabilità (tipo uninominale a doppio turno).
Non so quale sarà il prossimo Presidente della Repubblica, spero il meglio che l’Italia possa meritarsi. Che sia Prodi, che sia Marini, che sia la Finocchiaro, che sia D’Alema, che sia Rodotà o Gino Strada  non importa, importa che abbia il senso dello stato e tenga al bene dei cittadini italiani, e soprattutto, aiuti ad uscire da questa situazione di stallo che si è creata con le ultime elezioni grazie a una legge elettorale “porcata”.

Antonio Troisi

P.S. Che l’Italia sia uno stato laico è un dato sancito dalla Costituzione, non occorre una pagina di giornale per ribadirlo, soprattutto quando l’affermazione, come tante altre, è usata in modo strumentale per pugnalare il proprio genitore putativo.

28/05/10

Perchè si spende di meno?

dall'ISTAT la risposta alla situazione che viviamo.

Reddito e potere d'acquisto delle famiglie
Periodo di riferimento: Anni 2000-2009
Pubblicato il: 26 maggio 2010





Reddito reale delle famiglie, popolazione e potere d'acquisto pro capite, in Italia. Numeri indice base 2000=100; migliaia di euro
Fonte Istat.
In Italia, l'impatto della crisi sul reddito disponibile delle famiglie in termini reali ha iniziato a manifestarsi già nel 2008, con una diminuzione del potere d'acquisto dello 0,8 per cento, cui è seguito un ulteriore calo del 2,6 per cento nel 2009; l'andamento risulta peraltro analogo a quello della crisi del 1992-1993. L'esame congiunto della dinamica del reddito reale e della popolazione nell'ultimo decennio mostra come il reddito pro capite abbia segnato, nel complesso, un arretramento. Nel 2009 il potere d'acquisto delle famiglie italiane è risultato superiore del 3,4 per cento rispetto al 2000. Tuttavia, la popolazione residente è cresciuta nel medesimo periodo del 5,8 per cento, cosicché vi è stata una riduzione del reddito pro capite del 2,3 per cento, corrispondente a una perdita di oltre 300 euro per abitante ai prezzi del 2000. Il reddito disponibile reale per abitante aveva segnato l'ultima crescita di rilievo nel biennio 2001-2002 e, dopo una lieve flessione nel 2003, è rimasto stabile intorno a circa 15 mila euro sino al 2007. La caduta degli ultimi due anni ha, quindi, riportato il livello del reddito pro capite al disotto di quello del 2002.

L'indicatore
Nel grafico vengono rappresentati, il reddito reale (o potere d'acquisto) delle famiglie e la popolazione residente (espressi in numeri indice base 2000=100) assieme al potere d'acquisto pro capite (in migliaia di euro). Quest'ultimo indicatore esprime il tenore di vita cui possono accedere gli individui, in termini medi. Gli indicatori relativi al reddito reale delle famiglie sono elaborati nell'ambito dei conti nazionali; il potere d'acquisto pro capite viene calcolato rapportando il reddito alla popolazione media del periodo considerato.

Mobilità sostenibile

25/05/10

Gabanelli: "E ora l'olio di ricino..."


Domenica sera l’ha detto chiaramente agli spettatori di Report. «Se non siete d’accordo con questo provvedimento, fatevi sentire perché presto sarà legge». Una legge che metterà il bavaglio alla stampa e spegnerà le poche voci del giornalismo di inchiesta. Per questo Milena Gabanelli ha chiamato alla mobilitazione il pubblico. Perché «il passo successivo è l’olio di ricino». Intercettazioni ma non solo. Lei ha puntato il dito anche contro la norma che vieta la messa in onda di riprese non autorizzate. Materiale fondamentale per chi fa videoinchieste. Per quel che riguarda le riprese non autorizzate, non sarà più possibile per buona parte di noi documentare quelle situazioni che si alterano completamente quando ti ufficializzi. E sono migliaia. Inoltre non sarà più possibile trasmettere documenti filmati da testimoni occasionali con il telefonino o una videocamera, e parliamo di tutti quei contributi che arricchiscono soprattutto le testate web. È curioso che nessuna proposta di regolamentazione sia comparsa per i filmati di atti di bullismo che finiscono su Youtube».
Tornando al materiale giudiziario, è esagerato dire che calerà il silenzio su buona parte degli scandali italiani? «Direi di no, basti pensare che solo oggi si verrebbe a conoscenza dei dossier Telecom e solo nel 2007 avremmo saputo delle vicende Parmalat. E ancora: nulla sapremmo sui grandi appalti, mentre nel caso di qualche omicidio eccellente sapremmo che tizio è stato ucciso. Punto. Nemmeno in Iran sarebbe tollerabile una legge del genere». Limitazioni ancora più pesanti ricadrebbero po sulle spalle dei giornalisti non iscritti all’albo dei professionisti. Che cosa prevedono?«In nessuna parte del mondo esiste questa distinzione fra professionisti e pubblicisti. All’associazione dei giornalisti si accede per meriti, e non attraverso un esame. Ad uno scrittore che pubblica saggi studiati nelle scuole non è richiesto il tesserino rosso, vale la sua capacità, la sua autorevolezza e competenza. Qui si è deciso che il pubblicista che documenta la prova di un’evasione per esempio, rischia 4 anni di carcere. Tutto questo non c’entra nulla con la necessità di regolamentare la pubblicazione di intercettazioni, che secondo me sarebbe giusta, ma dimostra solo l’intenzione di sopprimere il cane da guardia. Il passo successivo è l’olio di ricino».
Fonte: www.unita.it
25 maggio 2010

24/05/10

La fretta del regime mediocratico

di ILVO DIAMANTI
Può sorprendere la determinazione con cui il governo spinge per approvare il disegno di legge sulle intercettazioni - in fretta, anzi subito, e con poche modifiche. Senza badare al parere dei magistrati, dell'opposizione, di molti giornalisti. Notoriamente "ostili". Senza curarsi neppure del dissenso espresso da esponenti del governo Usa e dalla maggioranza degli italiani (come emerge da alcuni sondaggi).Questo atteggiamento non si spiega solo con la volontà - dichiarata dal ministro Alfano - di tutelare la privacy dei cittadini. E di alcuni in particolare: il premier, i ministri e i leader politici. Per evitare che altri scandali rimbalzino sulla stampa. La fretta del governo riflette anche la voglia di saldare le crepe emerse nel modello di democrazia che si è affermato in Italia, da oltre 15 anni. La "democrazia del pubblico" (formula coniata da Bernard Manin, a cui facciamo spesso riferimento). Personalizzata e mediatizzata. Perché tutto è mediatico, nella "scena" politica. I partiti, in primo luogo. Poi: le istituzioni e, ovviamente, il governo. La personalizzazione è un corollario. Perché sui media vanno le persone, con le loro storie, i loro volti, i loro sentimenti. Non i partiti, le grandi organizzazioni, le istituzioni. Che fanno da scenario, ma non possono recitare da protagonisti. È un modello sperimentato altrove, anzitutto negli Usa. Ma in Italia ha assunto una definizione specifica e originale. In tempi rapidissimi. Merito (o colpa) di Silvio Berlusconi. Insieme: imprenditore mediatico dominante, leader - anzi, padrone - del partito dominante e, naturalmente, capo dell'esecutivo. Presidente "reale" - potremmo dire - di una Repubblica non presidenziale, dove il Presidente "legale" agisce da garante e autorità di controllo.
La conseguenza più nota di questa tendenza è l'avvento di uno "Stato spettacolo" (titolo di un recente saggio di Anna Tonelli, pubblicato da Bruno Mondadori). Dove lo scambio tra pubblico e privato avviene in modo continuo e pervasivo. Dove il consenso si costruisce sui fatti privati. I cittadini diventano il pubblico di uno spettacolo recitato dagli attori politici che si trasformano in attori veri. È difficile "confinare" il privato, in questo modello. Perché la privacy, per prima, è risorsa usata a fini "pubblici". È la conseguenza inattesa e, in parte, indesiderata del regime mediocratico: le stesse logiche, gli stessi meccanismi che alimentano il consenso possono contribuire a eroderlo. O, addirittura, a farlo collassare.
1. In primo luogo, ovviamente, perché il "privato esibito in pubblico" non è "reale". È fiction. Come nel Grande Fratello, dove tutti agiscono "sapendo di essere osservati". (Anche se, con il tempo, se ne dimenticano). Ben diverso è scavare nel "privato reale" attraverso, appunto, le intercettazioni oppure le indagini che entrano nella vita delle persone - dei politici - a loro insaputa. Quando si sentono "al sicuro". Quando non recitano la "commedia della vita quotidiana". Perché, allora, possono uscire segreti "scomodi". Comportamenti talora illeciti, altre volte semplicemente sgradevoli. Perché rivelano uno stile distante dal "privato esibito in pubblico". È il caso delle conversazioni telefoniche fra il premier e i dirigenti Rai. Dove Berlusconi esprime, senza mezze misure, la "sindrome del padrone" (la formula è di Edmondo Berselli). Preoccupato da comici, predicatori, conduttori, moralisti, giornalisti: tutti quelli che deturpano la sua immagine e la sua narrazione. La sua "storia". È il caso, recente, dello scandalo che ha indotto il ministro Scajola alle dimissioni. Costretto non dall'illecito, ma dall'indignazione. Dalla scoperta di un appartamento davanti al Colosseo pagato da altri. Peraltro, a insaputa del beneficiario e a prezzo stracciato. In tempi di crisi, mentre milioni di italiani pagano il mutuo della loro casa con molta fatica. Il che sottolinea la distanza tra questa stagione di inchieste sulla corruzione e Tangentopoli. Allora, nei primi anni Novanta, la corruzione intrecciava il mondo degli affari e "la" politica. E aveva, come primo (non unico) obiettivo, il mantenimento della (costosa) macchina dei partiti. Oggi, invece, lega il mondo degli affari e "i" politici. Intorno a vicende, talora, grandi e dolorose (come il terremoto). Altre volte, invece, piccole e mediocri. (Come quelle suggerite dalla "lista Anemone"). Ma, proprio per questo, altrettanto - e forse più - intollerabili, nella percezione e nel senso comune.
2. L'altra tendenza indesiderata di questo regime mediocratico, soprattutto per chi lo guida, riguarda la "svalutazione del potere" e di chi lo esercita. Rendere pubblico il privato "vero", senza finzioni: manifesta il volto mediocre della politica e di chi governa. Il confine tra i rappresentanti e i rappresentati, tra i leader e i cittadini: scompare. Anzi, i leader politici, gli uomini di governo imitano e giustificano gli istinti più bassi della società. In questo modo, però, perdono autorevolezza, ma soprattutto legittimità, credibilità, consenso. Da ciò l'ossessione di chi ha inventato e imposto, per primo, il sistema mediocratico. La tentazione e il tentativo di controllarne ogni piega. Di prevederne ogni possibile trasgressione. In modo quasi compulsivo. Perché la realtà deve funzionare come un reality; recitato secondo un copione pre-stabilito; e, comunque, orientato e modellato dalla produzione. Quando gli autori, anzi: l'Autore, mentre osserva la "casa del Grande Fratello", si scopre, a sua volta, osservato e ascoltato. E, pochi minuti dopo, si vede ripreso e riprodotto sugli stessi schermi, sulle stesse pagine, sugli stessi giornali. Il "fuori onda" messo in onda, come un'edizione permanente di "Striscia la notizia". Quando il gioco gli sfugge. Allora gli passa la voglia di giocare. E vorrebbe smettere. O meglio: fare smettere gli altri. Cambiare le regole. A dispetto dei magistrati, del governo Usa. E perfino dell'opinione pubblica. La legge sulle intercettazioni. Serve a impedire che si spezzi la magia della "Storia italiana". L'unica biografia del paese veramente autorizzata.
Fonte: Repubblica.it (24 maggio 2010)

14/05/10

Rifiuti, c´è il rischio di una nuova crisi

Bomba Pecorella. «Un anno dopo? C´è il rischio di una nuova crisi rifiuti, e una situazione di disastro ambientale. Gli illeciti persistono anche nelle istituzioni. E non sono stati ancora avviati i lavori di un altro termovalorizzatore».Le parole più dure pronunciate sul dopo Bertolaso vengono non da un comitato anti-discarica, o dalla proverbiale severità dei commissari europei, ma da una delle voci più agguerrite della pattuglia di avvocati-parlamentari del Pdl, Gaetano Pecorella, oggi presidente della commissione d´inchiesta sulle ecomafie. Intanto, alla Provincia di Napoli, è polemica tra maggioranza e opposizione sempre sul versante rifiuti. Da un lato, la giunta Cesaro accredita definitivamente l´inserimento della doppia discarica di Terzigno nel Parco del Vesuvio, dall´altro si finanzia nel bilancio di previsione, con 24 mila euro, la partecipazione al concorso di Ostiafilmfest per la selezione del Vesuvio «tra le 7 meraviglie del mondo». Si chiede il Pd, con il capogruppo Giuseppe Capasso: «Un altro banale spreco, una presa in giro oppure un atto di pura schizofrenia? Qualche giorno fa, il presidente Cesaro ha emanato un decreto con il quale oltre ad aumentare la Tarsu, ai cittadini di Napoli e provincia, dell´11.42 per cento approva surrettiziamente l´apertura della seconda discarica del Vesuvio, prendendo atto dello studio elaborato dalla società provinciale Sap. Per Cesaro il Vesuvio è una risorsa da valorizzare o la pattumiera campana?»Poche ore dopo, ecco il j´accuse di Pecorella, alla seconda giornata di lavori della commissione, dopo la visita alle discariche e ai depuratori del casertano. Pecorella non si sottrae a un commento preoccupato. «Ci troviamo in una situazione da disastro ambientale. Vi è un problema economico del Consorzio unico di Napoli e Caserta, c´è gente in esubero che ha bisogno però di lavorare, poi ci sono i debiti dei comuni sui quali c´è un´attenzione della magistratura», allinea i nodi Pecorella. E aggiunge: «Abbiamo anche un problema di esaurimento di un´unica discarica in funzione e soprattutto non sono stati avviati i lavori per il termovalorizzatore». Insomma, la conclusione di Pecorella è drastica, e non piacerà al Cavaliere e a Bertolaso, che sulla soluzione dell´emergenza acuta in Campania hanno radicato l´immagine del governo del fare. «Dalla visita in Campania di un anno fa è cambiato poco e non è da escludere che possiamo trovarci di fronte a un´altra seria crisi», dice l´avvocato-deputato. Quanto alle ecomafie, Pecorella segnala che «continua a sussistere nel casertano e anche nel napoletano un sistema di illegalità non solo all´esterno ma anche all´interno delle istituzioni». Dichiarazioni che disturbano anche il coordinatore regionale del Pdl, Cosentino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e accusato, tra l´altro, proprio di essere sceso a patti con il clan dei Casalesi sul terreno dei rifiuti, della gestione clientelare di un consorzio, persino della “competenza” territoriale rivendicata da una fazione della cosca nella futura gestione del termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa (rimasto nero su bianco nei programmi, sebbene di fatto abbandonato). «Finalmente la maggioranza ammette che i problemi sono immensi e attuali, a cominciare dalla persistente illegalità dentro e fuori le istituzioni», dice la deputata casertana del Pd Pina Picierno. «L´avevamo detto da tempo, l´emergenza rifiuti in Campania non è mai finita», taglia corto Alessandro Bratti, capogruppo Pd della commissione. La bomba Pecorella (l´avvocato aveva polemizzato, in estate, con Roberto Saviano: addirittura smontando il movente mafioso dell´uccisione del sacerdote don Peppe Diana), stavolta esplode in casa.
di Conchita Sannino
14 maggio 2010
Fonte: la Repubblica Napoli

09/05/10

La legge che ordina il silenzio stampa

Se la legge sulle intercettazioni verrà approvata nel testo in discussione al Senato, sarà fatto un passo pericoloso verso un mutamento di regime. I regimi non cambiano solo quando si è di fronte ad un colpo di Stato o ad una rottura frontale. Mutano pure per effetto di una erosione lenta, che cancella principi fondativi di un sistema. Se quel testo diverrà legge della Repubblica, in un colpo solo verranno pregiudicati la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di sapere dei cittadini, il controllo diffuso sull'esercizio dei poteri, le possibilità d'indagine della magistratura. Ci stiamo privando di essenziali anticorpi democratici. La censura come primo passo concreto verso l'annunciata riforma costituzionale, visto che si incide sulla prima parte della Costituzione, quella dei principi e dei diritti, a parole dichiarata intoccabile? Se così sarà, dovremo chiederci se viviamo ancora in uno Stato costituzionale di diritto.
Questa operazione sostanzialmente eversiva si ammanta del virtuoso proposito di tutelare la privacy. Ma, se questo fosse stato il vero obiettivo, era a portata di mano una soluzione che non metteva a rischio né principi, né diritti. Bastava prevedere che, d'intesa tra il giudice e gli avvocati delle parti, si distruggessero i contenuti delle intercettazioni relativi a persone estranee alle indagini o comunque irrilevanti; si conservassero in un archivio riservato le informazioni di cui era ancora dubbia la rilevanza; si rendessero pubblicabili, una volta portati a conoscenza delle parti, gli atti di indagine e le intercettazioni rilevanti.
Su questa linea vi era stato un largo consenso, che avrebbe permesso una approvazione a larga maggioranza di una legge così congegnata.Ma l'obiettivo era diverso. La tutela della privacy è divenuta il pretesto per aggredire l'odiata magistratura, l'insopportabile stampa. Non si vuole che i magistrati indaghino sul "mostruoso connubio" tra politica e affari, sull'illegalità che corrode la società. Si vuole distogliere l'occhio dell'informazione non dal gossip, ma da vicende che inquietano i potenti, dal malaffare. Se quella legge fosse stata approvata, non sarebbe stato possibile dare notizie sul caso Scajola, perché si introduce un divieto di pubblicazione che non riguarda le sole intercettazioni.In un paese normale proprio quest'ultima vicenda avrebbe dovuto indurre alla prudenza. Sta accadendo il contrario. Al Senato si vuole chiudere al più presto. E questo è coerente con l'affermazione del presidente del Consiglio, secondo il quale in Italia "c'è fin troppa libertà di stampa". Quale migliore occasione per porre rimedio a questo eccesso di una bella legge censoria?
Scajola, infatti, è stato costretto a dimettersi solo dalla forza dell'informazione. Una situazione apparsa intollerabile. Ecco, allora, il bisogno di arrivare subito ad una legge che interrompa fin dall'origine il circuito informativo, riducendo le informazioni che la magistratura può raccogliere, impedendo che le notizie possano giungere ai cittadini prima d'essere state sterilizzate dal passare del tempo. Non si può tollerare che i cittadini dispongano di informazioni che consentano loro di non essere soltanto spettatori delle vicende politiche, ma di divenire opinione pubblica consapevole e reattiva.Si arriva così all'infinito silenzio stampa, all'opinione pubblica impotente perché ignara dei fatti, visto che nulla può esser detto su qualsiasi fatto delittuoso fino all'udienza preliminare, dunque fino a un tempo che può essere lontano anni dal momento in cui l'indagine era stata aperta. Che cosa resterebbe della democrazia, che non vuol dire soltanto "governo del popolo", ma pure governo "in pubblico"? In tempi di corruzione dilagante si abbandona ogni ritegno e trasparenza, si dimentica il monito del giudice Brandeis: in democrazia "la luce del sole è il miglior disinfettante". Stiamo per essere traghettati verso un regime di miserabili arcana imperii, di un segreto assoluto posto a tutela di simoniaci commerci di qualsiasi bene, di corrotti e corruttori, di faccendieri e di veri criminali.Questo regime non avvolgerebbe soltanto in un velo oscuro proprio ciò che massimamente avrebbe bisogno di chiarezza. Creerebbe all'interno della società un grumo che la corromperebbe ancor più nel profondo. Le notizie impubblicabili, infatti non sarebbero custodite in forzieri inaccessibili. Sarebbero nelle mani di molti, di tutte le parti, dei loro avvocati e consulenti che ricevono le trascrizioni delle intercettazioni, gli atti d'indagine, gli avvisi di garanzia, i provvedimenti di custodia cautelare. Questo materiale scottante alimenterebbe i sentito dire, la circolazione di mezze notizie, le allusioni, la semina del sospetto. Renderebbe possibili pressioni sotterranee, o veri e propri ricatti. Creerebbe un clima propizio ad un "turismo delle notizie", alla pubblicazione su qualche giornale straniero di informazioni "proibite" che poi rimbalzerebbero in Italia.Accade sempre così quando ci si allontana dalla via retta della democrazia e dei diritti. Dal diritto d'informazione in primo luogo, che non è privilegio dei giornalisti, ma diritto fondamentale d'ogni persona, la premessa della sua cittadinanza attiva, del suo "conoscere per deliberare". Ce lo ricordano le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, dov'è sempre ripetuto che "la libertà d'informazione ha importanza fondamentale in una società democratica". In una sentenza del 2007, che riguardava due giornalisti francesi autori d'un libro sulle malefatte di un collaboratore di Mitterrand, la Corte ha ritenuto che la notorietà della persona e l'importanza della vicenda rendevano legittima la pubblicazione anche di notizie coperte dal segreto. In una sentenza del 2009 si è messo in evidenza che eccessivi risarcimenti del danno a carico di giornalisti e editori possono costituire una forma di intimidazione che viola la libertà d'informazione: che cosa dovremmo dire quando, da noi, il testo all'esame del Senato impugna come una clava le sanzioni pecuniarie con chiaro intento intimidatorio? E guardiamo anche agli Stati Uniti, al fermo discorso di Hillary Clinton sul nesso tra democrazia e libertà di espressione su Internet, alle ultime sentenze della Corte Suprema che, pure di fronte a casi sgradevoli e imbarazzanti, ha riaffermato la superiorità del Primo Emendamento, appunto della libertà di espressioneUn velo d'ignoranza copre gli occhi del legislatore italiano. Ma non è il benefico velo che lo mette al riparo da pressioni, da influenze improprie. È l'opposto, è la resa alla imposizione di chi non vuole che si guardi al mondo quale veramente è. Nasce così un'anomalia culturale, prima ancora che giuridico-istituzionale. Ci allontaniamo dai territori della civiltà giuridica, e ci candidiamo ad esser membri a pieno titolo del club degli autoritari Certo la nostra Corte costituzionale prima, e poi quella di Strasburgo, potranno ancora salvarci. Intanto, però, la voce dei cittadini può farsi sentire, e non è detto che rimanga inascoltata.
di STEFANO RODOTÀ
Fonte: Repubblica.it
(08 maggio 2010)

30/04/10

Stoffa da Leader

Quando sono i contenuti quelli che contano e non la mera immagine.
Emozioni, passione, lealtà, senso del dovere e del ruolo.
Il Partito ha un grande Leader, ma è ancora privo di classe dirigente.
http://tv.repubblica.it/copertina/pd-deriso-bersani-reagisce-e-si-emoziona/46374?video